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Kaltenbach Open Air 2015 – 2° giorno
Scritto da Stefano   
Sabato 05 Settembre 2015 08:20

Secondo giorno di festival….e come iniziano i veri metallari la propria giornata? Invocando Satana? Sgozzando le vergini (non se ne trovano)? Correndo nudi per la foresta lanciando lancinanti grida di dolore e disperazione? No, cari miei. I veri metallari iniziano con una solida colazione, tanto da mettere a repentaglio le scorte dell’Hotel.
Possiamo discutere su tutto, ma non sull’abbuffarsi alla colazione. E così è stato. Le scorte sono diminuite velocemente sotto la mascella di metallo dei tre condottieri di TMI.
Il passo successivo è stato, nell’ordine, branda – svacco – svacco – sauna – svacco – pranzo (panini figlioli cari, panini come se piovesse) – svacco.
Finito l’ultimo momento di relax, la nostra giornata inizia ed è dedicata tutta ad inneggiare alla musica cara al Grande Capro.
Arriviamo sul luogo del festival che si sentono le ultime note dei Void Creation. Non so cosa dire su di loro, stavo ancora cercando di capire dove fossi.
Rapido (!!!) cambio palco e souncheck/linecheck ed ecco che partono i Doomas. La giornata si presenta più “europea” rispetto alla maggiore regionalità di giovedì (in cui c’erano più band austriache), ma ammetto che mi son perso le prime quattro band della giornata e perciò potrei cannare nel giudizio illuminato che ho appena dato. Tant’è.
I Doomas ci mettono impegno e riescono ad attrarre un po’ di gente davanti al palco. Cosa da non sottovalutare per un gruppo posto a metà bill e che suona alle 16.30.

NOTA BENE: rispetto a molti festival italiani a cui ho partecipato, la presenza sotto il palco è assicurata anche per le band non di punta. L’odiosa abitudine di essere presenti solo per l’headliner ce la siamo lasciata alle spalle quando abbiamo scavalcato il confine.

Dopo i Doomas, sale sul palco una delle band che più mi ha impressionato nella giornata: iTortharry. Band ceca attiva dal 1991 (il primo album, ho visto in rete, è del 1994) e fiera portatrice del gene violento del brutal death metal. I Tortharry sono un power-trio ma riescono ad annichilire le band che ho visto fino ad ora (comprese molte del giorno precedente). Suono potente e preciso, violenza senza esclusione di colpi e tanta attitudine: ecco la formula Tortharry. Il pubblico reagisce bene e, ammetto, mi prendono bene anche a me. Sarà una considerazione banale, ma nei Paesi dell’Est (a cui aggiungo, su giusta osservazione del mio socio di TMI – Simone-, anche i sudamericani) il metal è violento, grezzo, brutale e molto in-your-face. Cosa che mi piace.

Rapido cambio palco (!!) ed ecco che salgono i connazionali Hideous Divinity. Il cambio fra il furore brutal dei Tortharry e la tecnica degli Hideous Divinity è netto e ci lascia spiazzati. La band di Roma sale sul palco e ci mette impegno, ma dopo la violenza dei cechi, i romani sembrano quasi leggeri. Una considerazione particolare per una band che, all’ascolto, non nasconde molti rimandi a Nile e altro death metal tecnico americano. Il pubblico reagisce bene, questo sì, e dopo un iniziale diffidenza incomincia ad avvicinarsi al palco e supportare il quintetto italiano. Molti brani provengono dal secondo album della band: Cobra Verde.

Per questioni di lavoro (TMI chiama, noi rispondiamo) non sono riuscito a sentirmi i Benighted.

Finito il lavoro di abili guerrieri del metallo pesante, ci spostiamo nuovamente sotto il palco visto che inizia una tripletta di band che meritano assoluta attenzione.

I primi a salire sul palco sono i Valkyrja. Sulla fiducia dico che il cambio palco è stato breve (!!!).
Sono curioso di sentirli questi svedesi, la prima volta non mi avevano smosso più di tanto, ma penso che fosse per questione di tempo (erano supporto dei Marduk, cosa che ritrovo anche oggi), e perciò voglio vedere se posso cambiare giudizio. La folla sotto il palco è aumentata in maniera considerevole e anche la risposta del pubblico. Vista l’ora (siamo intorno alle 20.30/20.40) è scesa anche la sera e salito un primo alito di vento freddo, cosa che ci terrà compagnia per tutto il resto del concerto. Ma noi invochiamo il Grande Capro insieme ai blackster svedesi e siamo stoici nel sopportare le invettive del tempo.
I Valkyrja fanno uno show più che buono, supportati da un sound quasi perfetto (lode ai tecnici!). Un black metal dai vaghi sapori melodici e non sordo a contaminazioni con il death melodico, cosa che li associa, a più riprese, ai connazionali (e defunti) Dissection. Il mio è da intendersi come un complimento sentito, visto che la band di Jon Nödtveidt ha un posto speciale nei miei ascolti. Altro punto a loro favore è la presenza scenica: la band svedese è la prima ad indossare il face-painting in questo festival e il cambio di rotta dalle band brutal e death (o thrash) è netto.

Visto che è un po’ che non lo ripeto: i suoni a questo festival sono stupendi. Si sente benissimo ed è una piacevole variazione rispetto al pastone sonoro a cui siamo abituati! Complimenti ai tecnici del suono.

Cambio palco (veloce!!!) ed ecco che arrivano i Krisiun. I tre identici brasiliani (cazzo, ho appena scoperto che i tre sono fratelli… grazie Encyclopedia Metallum) salgono sul palco in versione power-trio e incominciano a bombardare il pubblico con il loro death metal brutale e senza compromessi. Bravi bassista/cantante e chitarrista, ma il vero mostro è il batterista (Max Kolesne). Quest’ultimo ha martellato la batteria senza esclusione di colpi per tutto il set, non si è fermato praticamente mai e ha picchiato come un fabbro e in velocità. Una cosa assurda. Il set mi è piaciuto, aggressivo e violento come ci si poteva aspettare, ma è stato quasi più interessante vedere i Chilometri (cit. Skan) che il batterista ha fatto durante l’ora di tempo che avevano a disposizione. A parte i convenevoli, i tre brasiliani si guadagnano il rispetto sul palco e scaldando il pubblico per l’arrivo dei prossimi pesi massimi.

Rapido cambio palco (!) e poi le luci si abbassano. Incomincia la classica soundtrack di distruzione e guerra e poi salgono sul palco gli svedesi Marduk, headliner di giornata.
Ormai ho visto diverse volte la band svedese (non ultima quella in cui hanno riproposto nella sua interezza sia Panzer Division Marduk che Those Of The Unlight) e ho una certa predilezione per lo scream di Mortuus. Lo so, non fa trve kvlt apprezzare il successore di Legion, ma non ci posso far niente. Comunque sia, i Marduk salgono sul palco e incominciano a invocare guerra e demonio senza soluzione di continuità. Il suono, per le prime due canzoni, è un po’ confuso ma i tecnici rimettono a posto tutto ed il black metal ferale degli svedesi incomincia ad infettare il pubblico. La band trasmette odio e Mortuus interagisce molto con il pubblico (le ultime volte era molto più silenzioso e sulle sue), ma non è esente da alcuni errori (Slay The Nazarene eWarschau – il singer svacca alcune lyrics). La prestazione è ottima e copre quasi tutta la discografia dei Nostri: dalle perle del primo periodo (The Black…) fino ad arrivare ai molti estratti dell’ultimo Frontschwein.
Riescono anche a tirar fuori dal cilindro una canzone da un album deboluccio come World Funeral (Cloven Hoof) e anche un estratto da Rom 5:12 (Wombs Of Perishableness – il black metal reinventa sia il latino sia l’inglese).

Sulle note dell’outro, i tre di TMI si dirigono verso l’Hotel. Ci perdiamo l’esibizione (Late Night Show) degli Scarecrow NWA, ma il fresco pungente e la polpetta stanno colpendo duro.

E ricordatevi: chi di polpetta infierisce, di polpetta digerisce.

Ultimo aggiornamento Sabato 05 Settembre 2015 08:22