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Recensione Black Sabbath - Paranoid
Scritto da Stefano   
Martedì 17 Agosto 2010 13:57

Black Sabbath - Paranoid (Vertigo 1970)

 

BlackSabbath-Paranoid

La prima volta che ho preso in mano quest'album è stato il momento della verità. Cercavo conferme o smentite. Volevo sapere se i Sabbath fossero un fuoco di paglia o un vero e proprio "miracolo" nel panorama musicale.
Lo ammetto, ho cercato queste risposte soltanto dalla copertina, ascoltandolo ho capito che domande stupide mi faccio quando non ho niente da fare e sto gozzovigliando in una tiepida serata di marzo.La copertina è significativa, basta figure oscure, niente croci rovesciate o immaginario esoterico, solo un uomo, un uomo vestito di rosa con un'enorme spada sguainata. Il resto nero, nero come la musica proposta, possente, profonda e, se si può usare un termine del mondo fisico, "tridimensionale".
Cercando di spiegare ad un novello dei Sabbath questo disco fondamentale è semplice e nello stesso tempo difficile (la persona esperta non ha problemi a riconoscere il trade-mark di Iommi e Butler, il tocco magico di questi fuoriclasse della canzone), semplice perché sono 8 tracce (più un'intro e un'outro) granitiche ma non sorde a forme di melodia, direi 7 potenziali singoli (uno è strumentale e per quanto valevole, non è figurabile come singolo); difficile perché è arduo trasmettere la passione suscitata da un disco, da della musica, attraverso la parola scritta.
Le premesse sono subito rispettate, un suono lancinante di sirena, uno squarcio nel buio, la batteria che determina il ritmo e la chitarra che graffia l'aria. Sangue cola dalle lacerazioni sotto forma di versi cantati in maniera maligna da Ozzy, presente ed in perfetta forma vocale. La guerra nel Vietnam è alle porte, la paura anche, e dove c'è il malvagio, dove si cerca di decifrare il comportamento tribolato delle persone, ecco i Black Sabbath; i Nostri entrano nell'argomento in maniera decisa e senza remore, sferrando colpi devastanti e, soprattutto nella seconda parte della canzone, mettendo in mostra una forma musicale, una capacità tecnica di tutto rispetto. Ma se la prima traccia è di livello supremo (a parer mio, suscettibile di smentita, una fra le più belle canzoni dei Nostri, un grido tanto disperato quanto la chitarra sofferente di Hendrix), come si farà a rimanere allo stesso livello?!
La risposta si presenta sotto forma di 2.50 minuti di canzone: un monumento dell'hard rock- metal. Paranoid, la canzone, forse, più conosciuta dai metallari. Forse non la più bella, ma con un ritmo e una presa che poche canzoni posso vantare senza andare ad assomigliare a piccolezze varie.
Due canzoni che hanno come tratto comune la ricerca nell'animo umano, scandagliato grazie all'ausilio dell'alto voltaggio, della ritmica schiacciasassi e di una voce teatrale e tagliente.
Straordinariamente la traccia più "metal" all'interno dell'album è quella che il metal non lo tocca neanche di striscio. L'unica traccia che ti trascina nello spazio e ti lascia vagare in maniera soffusa, accompagnato dalla voce di filtrata Ozzy (stupendamente sembra sappia cantare decentemente!) e da una percussione accennata. Il salto è talmente in alto che le profondità elettriche precedenti e seguenti acquistano un vigore assoluto, una forza devastante, un pugno nello stomaco. Senza "Placet Caravan" l'album sarebbe stato sicuramente un ottimo album, perfetto a mio dire, ma questa canzone.. beh. dona all'album quella "tridimensionalità", quella tavolozza di colori che un album totalmente pieno, elettrico, cupo non avrebbe avuto.
Dopo aver raggiunto un improbabile paradiso ovattato si viene trascinati a forza negli ultimi gironi dell'inferno, al caldo accogliente, che altro non è che la terra, le sue intricate relazioni umane, i suoi sentimenti aggrovigliati e, spesso, insondabili. Anche qua la batteria fa da trade-mark, spaccando il mondo nei primi 4 battiti e poi ricamata da uno dei più famosi riff di Iommi; per l'occasione Ozzy non inventa una linea vocale autonoma ma sceglie la via più semplice: ricalcare vocalmente la linea di chitarra. L'effetto ottenuto è marziale e sembra, se si chiudono gli occhi e si ascolta con lo stomaco al posto che fermarsi al solo cervello, di sentire avvicinarsi pesantemente "l'uomo di ferro".
Neanche il tempo di essersi ripresi da questa stupenda traccia, si arriva ad una delle prime canzoni veramente "doom" e pesanti dei Sabbath, "Electric Funeral". La chitarra distortissima scolpisce un segno nucleare nei solchi della canzone, spargendo radiazioni e terrore, creando un climax prima ascendente e poi discendente. Questa è la traccia che anticipa la pesantezza di alcune canzoni degli album futuri. Il soffitto basso fa respirare poco e l'aria è già scarsa. Ma il viaggio nel sotterraneo delle relazioni umane non è finito, stavolta ci tocca aggrapparci al basso per seguire la via maestra in questa lunga canzone simil-progressive (almeno come i Sabbath concepiscono il progressive), in cui più parti diverse animano la canzone, lento- medio- lento.
Stiamo raggiungendo la fine e ci è concesso un minuto d'aria con lo strumentale "Rat Salad" (è ancora un retaggio del primo album, situandosi nelle coordinate di un "heavy-jazz" e impreziosito da un "solo" di batteria di Ward) fino a raggiungere l'ultima fatica dei Nostri: "Fairies Wear Boots", un vero calcio in faccia (non propriamente metaforico).
La canzone procede su un ritmo apparentemente abbastanza leggero, ma risulta alquanto ipnotica. L'inizio è abbastanza "sospeso", quasi aereo per lo stile dei Sabbath, e inframmezzato dalla batteria di Ward; solo che, ad un certo punto, la canzone si innesta sul riff principale e prosegue filata verso l'outro, con la voce maligna di Ozzy che narra la storia e richiede fiducia. ".Yeah Fairies wear boots and you gotta believe me/I saw it I saw it with my own two eyes." viene cantata ripetutamente, amplificando la tragicomicità della situazione.
Al termine della traccia c'è "Jack the Stripper", outro dell'ultima canzone ma considerata avente dignità propria (un po' come "Luke's Wall" all'inizio di War Pigs).
Come si può vedere, il ruspante hard-blues del primo album, rustico e sanguigno, ha lasciato il posto ad album più "cittadino", in cui le ferite sono più laceranti perché più vicine a noi.
O raccontano la nostra storia?

 

Giudizio : se il primo era un album superbo, beh. questo è al suo stesso livello. Otto tracce che prendono l'ascoltatore e alla fine lo lasciano arricchito. Otto tracce di qualità tecnico-artistica superba, capacità compostiva in stato di grazia. Un punto che molti tenteranno di raggiungere, spesso invano.

--/10

Website: www.black-sabbath.com

Lineup:
Tony Iommi - Lead Guitar & Keyboards
Geezer Butler - Bass
Ozzy Osbourne - Vocals
Bill Ward - Drums

Tracklist:
1. War Pigs - 7:58
2. Paranoid - 2:52
3. Planet Caravan - 4:35
4. Iron Man - 5:58
5. Electric Funeral - 4:52
6. Hand of Doom - 7:09
7. Rat Salad - 2:30
8. Fairies Wear Boots - 6:14