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Colony Open Air - 22.07.2017
Scritto da Stefano   
Giovedì 27 Luglio 2017 14:30

Pronti. Attenti. Via… Sì, ma i Morbid Angel?

La volta in cui i Grandi Antichi sentiranno le nostre preghiere, sarà sempre troppo tardi. Ve lo posso assicurare. Ad unire i puntini si diventa pazzi: weekend da bollino nero, settecento cambi di location, polemiche e quello che sarà il tormentone del Colony Open Air: sì, ma i Morbid Angel?
N.B: Tenete presente che i sostituti sono i Carcass, non la band del quartierino, e sticazzi se vi lamentate ancora.

Perché ci vuole una bella dose di coraggio ad organizzare un festival in Italia, soprattutto se non ti chiami Live Nation. Ci vuole coraggio e amore per il metal. Roberto e gli organizzatori ne hanno di entrambi nonostante tutta la sfiga che hanno avuto, perciò tanto di cappello. Non vi sfrangio le palle con i dettagli, ne trovate molti sulla pagina facebook del Colony Open Air. Detto questo, e saltando il viaggio – ma i Morbid Angel? -, la truppa di TheMurderInn, formata dal prode Skan e dal sottoscritto, arriva al PalaBrescia con tanto di panino da muratore in mano. Non ci facciamo mancare niente, noi.
Superati i controlli (entrambi i giorni ci ho messo meno di 5 minuti ad entrare), eccoci nello spazio antistante il Pala Brescia. I servizi sono puliti, le tempistiche per il bere e il mangiare sono ottime, a parte qualche fisiologico rallentamento (ma mai come i 45 minuti per avere un kebab di merda al Gods of Metal).

Sì, vi chiederete voi, ci sono punti negativi? I Morbid Angel (ah ah) e il fatto che non si può assistere al concerto con la birra. Ma ce la facciamo passare.

Non riusciamo a vedere gli Skanners e anche degli IN.SI.DIA sento troppo poco, quindi il mio Colony Open Air parte con il primo gruppo grosso del festival.
Non ho mai sentito gli HELL, anche perché io e il classic metal/NWOBHM non siamo proprio sulla stessa lunghezza d’onda, ma i britannici srotolano un mix di teatralità, NWOBHM e finiture alla King Diamond/Mercyful Fate che non annoiano. I 45 minuti scarsi a disposizione passano e il piedino batte e qualche scapocciata la faccio, anche per via delle 50 sfumature di brutto che offre il bassista. Da teatralità a massacro il passaggio non è breve, ma gli Asphyx si impegnano a bastonare i presenti con un mix non intricatissimo, ma con una botta perfetta. Le canzoni sono badilate e questo malvagio intruglio made in Olanda è più che mai gradito.
La palma di miglior band del sabato è stretta nelle loro mani e, ve lo posso assicurare, chi gliela ruberà merita quel posto.
Seguono i Loudness – dal giappone col furgone. Dove gli Asphyx macinano note, ossa e groove con malignità tipica di chi vive in porzioni terrestri sotto il livello del mare, i giapponesi rampanti hanno un singer che sembra Jackie Chan (alla frutta di fiato, si sente da qualche sonora cappellata), un guitar-hero tirato fuori direttamente dai film dei Power Rangers (come abbigliamento), un bassista anonimo e il cattivo di Grosso Guaio A Chinatown alla batteria. Duro qualche canzone, ma poi vado fuori per una pausa cibo/bere.
Primo nome grosso ed ecco salire sul palco i Death Angel. Ci mettono qualche canzone a trovare il sound giusto e, quando incominciano a scardinare le assi del palco, finisce tutto. Un po’ come la prima trombata, parti alla grande e in meno di 1 minuto stai già facendo la doccia. Guardo il buon Skan e mi domando se, anche per lui, l’ora è volata; poi guardo l’orologio e capisco che i Death Angel non hanno suonato più di 30 minuti. Potevano essere i migliori, non hanno avuto abbastanza tempo.
Dopo la domanda di rito: ma, i Morbid Angel? e la seconda domanda logica: come mai gli Asphyx così in basso? partono i Demolition Hammer. Gli americani ridefiniscono il concetto di viuuuulenza del Colony Open Air, ve lo assicuro. A vederli sembrano il nonno appena rientrato dal Vietnam con una sbronza perenne di alcool, ma poi attaccano a suonare e capisci che il Vietnam è quello che proverai te per i successivi 45 minuti. L’aspetto sfatto non deve trarre in inganno: i quattro si dedicano ad una, ed una sola, cosa ed è menar fendenti e legnate come faceva la maestra di scuola quando rompevi il cazzo alle compagne di classe. Botte da orbi tutto il set, non un minuto di pausa o di stacco, e i 45 minuti sono tirati e duri come Rocco Siffredi.
I vincitori della serata di sabato, pochi cazzi.
Quando partono gli Exciter si sente puzza di Gordon Gekko, di brillantina, di Chernobyl e Regan. Tutti gli anni ’80 saltano fuori dalla tomba e fanno ciao ciao non la manina. Il pubblico apprezza, la band suona e io faccio ciao ciao con la mano e vado a mangiar qualcosa.
Una pausa di troppo e il richiamo del prato quasi causava il merdone del giorno. Ci aspettavamo i Wintersun, di cui non ce ne fregava un cazzo, e allora via di svacco. Quando abbiamo sentito picchiare come fabbri ferrai ci siamo detti “da quando in qua i Wintersun hanno ‘sto tiro?” e siamo entrati.
Risultato? Non erano loro e il set dei Sacred Reich era bello che iniziato.
Gli americani sono in forma (il buon Phil sotto tutti gli aspetti) e si sente: stanno portando in giro la celebrazione di Ignorance e sanno benissimo che il loro lavoro è quello di tirar fuori del thrash dal cilindro. Lo fanno e noi ringraziamo visto che ci danno dentro. Il pubblico apprezza, salta e fa pogo, cosa si vuole di più dal thrash?
Alla fine arrivano veramente i Wintersun e noi rimaniamo in disparte ad ascoltarli. Non riesco a farmeli piacere, non chiedetemi perché. E continuo a pensare, come opener dei Kreator doveva esserci un’altra band, non questi finnici. Evito i fan e le ragazze in estasi e vado a sedermi e riposare la schiena.
Cazzo, non ho più l’età.
Last but not least, ecco gli headliner di serata. Una giornata bella piena, visto che le band di tutto rispetto hanno messo un bel po’ di adrenalina sul palco (il bello delle band di seconda schiera è che si sbattono a suonare). I Kreator sono la ciliegina sulla torta di sabato 22, giornata dedicata al thrash/classic metal. I tedeschi hanno qualche soldo in più in banca, ma li usano male nei palazzetti: la scenografia è francamente imbarazzante. Fortuna che c’è la musica.
Mille e compari si comportano come fanno i teteski da che mondo è mondo: tirano su la faccia da battaglia e via verso nuove avventure.
Giudizio? I pezzi vecchi sono di un’altra categoria rispetto a quelli nuovi, che sono fratelli minori dei classici (sia come testi che come musica).
Ma questo è risaputo: un tempo le cose si facevano meglio e i parcheggi c’erano anche in centro. Se ne è accorto anche Petrozza che, con il revival del thrash, sta vivendo una seconda, gloriosa, giovinezza portando avanti uno show professionale, ben suonato e con alcuni highlight di successo.
Vorrei arrivare alla fine e dire: “vi ho fregati, i Kreator hanno rubato la scena a tutti“, ma non è così. I Demolition Hammer continuano a rimanere i vincitori della serata con buona pace di Petrozza e compagni.
Ma ho ancora una domanda: ma i Morbid Angel?